Bentonite – la “Scienza” della Viticoltura

Il tentativo agricolo di dare uno sguardo poeticamente scientifico e scientificamente poetico sulla vita in vigna, sulle lavorazioni di cantina e tutto quello straordinario mondo che ruota attorno al mondo della viticoltura.

Il numero di volte che mi sono interrogata sulle coppie che conosco è davvero indefinito e indefinibile. Altrettanto grande è il numero di volte in cui ho ripetuto o sentito ripetere la frase “ma sai, gli opposti si attraggono!”
Lo ammetto, non è una frase che riesco a spiegarmi fino in fondo, almeno quando si parla di relazioni tra persone, perchè ho sempre trovato più semplice trovare affinità con chi mi somiglia – non a caso “Chi si somiglia, si piglia”, diceva mia nonna.

Eppure, studiando quel poco di chimica che posso comprendere e che riguarda il lavoro in cantina, ho scoperto che, nella natura della chimica, gli opposti si attraggono è sacrosanta verità.

Nella mente, mentre aggiungiamo la bentonite al vino, vedo chiaramente queste simpatiche relazioni tra proteina e bentonite, che si aggregano l’una all’altra per trovare spazio verso il fondo del tino di acciaio, succubi di una invisibile forza di gravità che li trascina in basso.

Ho detto Bentonite? Sì, esatto, e posso spiegare cos’è. Innanzitutto il suo nome, simpatico ma poco fantasioso, viene da Font Benton, un luogo, in Nord America in cui c’è grande quantità di bentonite. Questa altro non è che un minerale argilloso – e già, a noi di Terra Argillosa, un po’ ci piace – e solitamente deriva dalla decomposizione di ceneri vulcaniche.
In enologia viene utilizzata come chiarificante, ma anche come stabilizzatore proteico, perciò se ne fa uso sia per i vini bianchi e che per i rossi, anche se in misura differente.

Esistono molti tipi di bentonite, noi ad esempio ne usiamo un tipo biologico – rigorosamente – e la forma “solida” è bizzarra: sottili e rigidi filamenti di impasto bianco che quando vengono sciolti in acqua danno vita ad una collosa poltiglia torbida. Tutto fa pensare tranne che, aggiungendola al vino, il risultato sia la chiarificazione.

Confesso: ho giocato con la bentonite più di una volta, è come mettere le mani in una tazza di acqua e vinavil, molto divertente, anche a trent’anni.

Ora immaginiamo un tino d’acciaio, bello grande, che se ne sta fiero nel suo posticino al buio della cantina, pieno di un bel vino bianco, diciamo Incrocio Bruni 54. Manca poco all’imbottigliamento, forse poco più di tre settimane. Il vino è profumato, aromatico, acido e torbido! Se lo lasciassimo così, anche filtrato prima di essere imbottigliato, al suo interno avrebbe particelle invisibili ai nostri occhi, ma potenzialmente dannose. Ripetiamo sempre che il vino è materia viva, e le proteine sono parte di questa vitalità.

Bene, il vino è filtrato, è entrato nella bottiglia e riposto nella scatola. Il tempo, la micro ossigenazione, la brevità del ciclo vitale delle componenti vive, le impurezze, i tartrati farebbero il loro lento lavoro, ovvero produrrebbero lentamente un ottimo aceto! Addio Incrocio Bruni 54 2020, ti abbiamo voluto bene!

Torniamo indietro di qualche passo, siamo ancora a tre settimane dall’imbottigliamento, abbiamo fatto qualche analisi, abbiamo interpretato i risultati ed ecco che facciamo i conti su quanta bentonite aggiungere.

Nota al lettore: la bentonite non ve la bevete, resta sul fondo del tino, che è stato sapientemente studiato proprio per avere un fondo conico adatto a raccogliere tutto il torbidume (neologismo) del vino.

Ed ecco qua un po’ di scienza agricola. Ecco qua che in natura gli opposti si attraggono.
Le proteine, non vi sto a spiegare il perchè – non sono certa di saperlo – hanno una carica positiva, qualcuna più, qualcuna meno, sono spensieratamente immerse nel liquido generale, vagano felici e solitarie nel buio del tino. All’improvviso una luce in cima al tino, inizia la festa grande. La poltiglia di bentonite sciolta viene rovesciata, con la grazia tipica del contadino ignorante, all’interno: una discoteca di liquidi che si muovono, rimescolandosi e favorendo un po’ di relazioni interpersonali che non fanno mai male, gioite delle fortune di proteine e bentonite. La bentonite, per sua natura, invece ha carica negativa. Connubio perfetto!

La bentonite strizza un occhio alla proteina, si guardano un po’, si cercano nella folla.

Questo legame me lo immagino un po’ come uno di quei film romantici: i due percepiscono il bisogno di congiungersi, questa attrazione invisibile che li avvicina inevitabilmente fino a che non si raggiungono. In quel momento si legano l’una all’altra, un legame indissolubile. Improvvisamente, legati insieme, vivono la loro storia andando avanti, pronti a raggiungere il fondo del tino per trovare la quiete di una vita insieme.

E l’Incrocio Bruni 54, a cui nessuno avrà fatto caso fino ad ora, si sarà spogliato di tutte quelle parti che lo avrebbero inevitabilmente portato ad essere altro che un vino fresco, acido, profumato.

Insomma, mi immagino una storia in cui alla fine vincono tutti, più o meno.

Certo, non tutte le bentoniti troveranno le proprie proteine e viceversa, ma è la vita, un po’ dolce, un po’ amara.

Scegliere di usare la bentonite, per noi, non è sinonimo di alterazione del vino, non accade davvero: per noi, tutto sommato, è il modo che abbiamo per prenderci cura del nostro vino e di voi, per garantirvi un prodotto che sia la migliore espressione possibile di se stesso e del nostro territorio.

Usiamo il minor quantitativo di bentonite possibile, ma fatichiamo a rinunciare a quelle infinite storie d’amore che si consumano nei tini.
In fondo, abbiamo un certo romanticismo anche noi.

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