Potare – la “Scienza” della Viticoltura

Il tentativo agricolo di dare uno sguardo poeticamente scientifico e scientificamente poetico sulla vita in vigna, sulle lavorazioni di cantina e tutto quello straordinario mondo che ruota attorno al mondo della viticoltura.

Di tutti i flussi di cui ci preoccupiamo, raramente facciamo caso a quelli che non vediamo. Parliamo di flussi di persone, di mezzi, migrazioni di uccelli, flussi di acqua alluvionale, di torrenti naturali, flussi emotivi, che in realtà “vediamo” nelle reazioni delle persone, flussi di parole, che spesso intasano le nostre orecchie o i social network. Eppure, in tutto questo fluire di flussi, ce ne sono alcuni che sappiamo esistere ma che possiamo solo immaginare e di cui possiamo intuirne il percorso.

Di questi flussi, almeno un paio ci stanno particolarmente a cuore quando parliamo di lavoro, ma uno è quello che difficilmente riusciremo a vedere. E’ un flusso essenziale che tentiamo, ogni anno, di non interrompere ed è il concetto fondamentale su cui si basa il primo processo di produzione del vino. La Potatura.

La potatura è un’azione intellettuale, scientifica, artigianale.

Se pensiamo ad una pianta, al pari di un essere umano, anch’essa è attraversata da sottili filamenti continui e cavi che trasportano e immagazzinano il nutrimento. Al pari di un essere umano, questi vasi sanguigni “vegetali” sono di vitale importanza.

La prima regola fondamentale della potatura è: “Non interrompere il flusso”.

Immaginate una comunicazione tra persone, un flusso di parole appunto, in cui ogni volta che si raggiunge metà del discorso, questo viene bruscamente interrotto. A mano a mano che si avanza nella conversazione questa perde di senso e alla fine, naturalmente, si estingue.

Così è il flusso linfatico.

Per sua natura la pianta, nel punto in cui si apre una ferita mette in atto 4 tipi di barriere: Fisica, Chimica verso il centro, Chimica verso le cerchie annuali, ovvero quelle stratificazione lignee che crescono di anno in anno, e Chimico-Fisica.

La prima barriera, quella fisica, crea delle estroflessioni che chiudono i vasi, così che niente possa entrare in circolo nel sistema linfatico.
La seconda barriera, quella chimica vero il centro, è una reazione che si attua attraverso la sintesi di alcune sostanze e blocca eventuali agenti patogeni che possono andare ad intaccare il centro della pianta.
La terza barriera, chimica verso le cerchie annuali, sintetizza sostanze che impediscono ai microrganismi di nutrirsi della pianta, e quindi prenderne tutti i nutrimenti.
La quarta, quella chimico-fisica, è lenta e non si attua fino alla primavera, in fase vegetativa. La pianta produce nuove cellule in grado di sigillare la ferita e chiudere definitivamente all’esterno ogni nemico, così da proteggersi nella fase più delicata, quella in cui le gemme si schiudono e danno vita ad un nuovo anno vegetativo.

Tutto questo è la risposta ad un unico semplice taglio, così viene generato un cono di disseccamento.
E più questo taglio viene fatto vicino ad un invisibile vaso linfatico, più questo cono si interpone tra una sezione di vaso e l’altra e interrompe il flusso, generando, via via nel tempo, il disseccamento del punto vegetativo, punto in cui nessuna gemma farà più capolino.

E se non vuoi interrompere il flusso della pianta non puoi buttarti in un processo meccanico e ripetitivo: la pianta ha bisogno di essere ascoltata, osservata, immaginata dal di dentro, per permettere al flusso di non interrompersi mai e continuare a far prolificare quella creazione naturale che ogni anno si prodiga, inconsapevolmente, per il nostro lavoro.

Impariamo così, con l’aiuto del tempo e dell’esperienza, a guardare le piante dal di dentro, a immaginare questi coni di disseccamento ancora prima di effettuare il taglio, per dare alla vite ancora mille gemme e tralci e frutti.

Sara.

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