Crescita di un giovane “Aurai”.

Abbiamo raccontato del nostro Scapolè, abbiamo raccontato dell’evoluzione del Fiacca, ora, ci sembra giusto raccontarvi di come sono cresciuti i nostri vini.
Come ogni degustazione che si rispetti, partiamo dai bianchi fermi: Offida Pecorino DOCG “aurai”.

“Aurai” è il nostro primo vino, sotto molti punti di vista. Il primo ad essere stato imbottigliato e venduto nel lontano 2010, l’anno della prima vendemmia sotto il marchio di “PS Winery”, il primo a raccontare il cambio di rotta quando siamo diventati “Terra Argillosa”.

È un vino a cui siamo molto affezionati, non solo perchè con noi da 11 anni, ma perchè, a nostro avviso, rappresenta l’essenza di questo pezzetto di terra che abbiamo tra le mani. Quando mi chiedono “qual è, tra i vostri, il tuo vino preferito?” la mia risposta standard è “farmi questa domanda è come chiedere ad una madre qual è il suo figlio preferito” e così me la cavo ad essere imparziale e non fare né un torto ai vini, né tantomeno al chi pone la domanda. Ma se dovessi rispondere sinceramente, senza preoccuparmi troppo, direi l’Aurai.

Non so quale sia esattamente la caratteristica che più mi affascina, e forse è un vino che si fa volere bene nel tempo. In questi 11 anni è cresciuto, maturato, migliorato. Certo, non possiamo dare tutti i meriti alla natura o alle singole annate; la cura con cui abbiamo imparato a coccolare la vigna ci ripaga, di anno in anno, con prodotti sempre in evoluzione.
Abbiamo cambiato il nostro approccio con il Pecorino, abbiamo imparato a conoscere il suo tempo di maturazione, il suo stato di salute, la quantità di ossigeno di cui ha bisogno in fermentazione e insieme siamo cresciuti.

Oggi Aurai racconta perfettamente questo tratto di Ciafone: radici profonde nel territorio. È un vitigno che sa esprimersi a pieno nel tempo, che richiede cura e sensibilità, per permettere al suo carattere di emergere in tutta la sua struttura. È caparbio, sapido, corposo.

Con il tempo abbiamo imparato che si tratta di un vino che richiede tempo, anche a tavola. Non è più il vino della toccata e fuga, ma è il vino della portata principale. È il vino dei taglieri ricchi di salumi, di quelli saporiti e consistenti che assaggiamo sui nostri Appennini marchigiani; è il vino delle tagliatelle al ragù bianco, ricco, un po’ grasso; è il vino dello spezzatino di coniglio e quello di un pollo arrosto al forno. È un vino che puoi stappare all’inizio del pasto per accompagnare le pietanze più variegate.

Certo, non è un vino da grandi brasati o interi pranzi luculliani, ma, per le sue radici contadine, è perfetto con un pranzo sostanzioso e nutriente, come quello dei nostri nonni, quando tornavano a casa dopo una dura mattinata di lavoro iniziata all’alba: pane, carne e verdura, per rifocillarsi e recuperare le energie per il lavoro ancora da fare.

“Aurai” è schietto e sincero, un po’ ruvido, con la sua amarezza finale, come le mani di un contadino di vecchia data e lo amiamo proprio per questa sua anima pura.

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